Mostra Ivo Saglietti: Allah, Allah, Allah: a Caltagirone
Ivo Saglietti
Allah, Allah, Allah
GALLERIA FOTOGRAFICA LUIGI GHIRRI
Caltagirone
Via Duomo 11
(95041)
+39 3343358978 , +39 3332419089
Un reportage sul monastero cristiano siriano di Deir Mar Musa al-Habashi
divenuto un luogo di incontro e dialogo possibile tra le religioni. Sotto la tenda di Abramo,
la diversità della fede si traduce in gioia del confronto e le foto di SAGLIETTI documentano come ciò sia possibile.orario: lun./dom. 9.30 -12.30, 16.00 -19.00.
(possono variare, verificare sempre via telefono)
biglietti: free admittance
vernissage: 14 dicembre 2011. ore 17.30
curatori: Sebastiano Favitta, Attilio Gerbino
autori: Ivo Saglietti
patrocini: Comune di Caltagironenote:
INTERVENTI: Sindaco di Caltagirone, Francesco PIGNATARO, Vice Sindaco di Caltagirone, Alessandra FOTI,
Ass.re alle Politiche giovanili e Pubblica Istruzione, Francesco ALPARONE; l’autore, il fotografo Ivo SAGLIETTI
e i rappresentanti delle associazioni di volontariato aderenti al progetto “Diritti in rete”.
RINGRAZIAMENTI: Ass.to alle Politiche Culturali del Comune di Caltagirone, il fotoreporter Fausto GIACCONE e
Sergio VINCI – di Riesi – senza la cui disponibilità ultima, sarebbe arduo dar seguito alle mostre della Galleria Ghirri.
Esiste una causa morale del mondo, per proporci uno scopo finale, conformemente alla legge morale;
e per quanto questo scopo è necessario, altrettanto è necessario ammettere quella causa:
cioè che vi è un Dio.
Immanuel KANT, da Critica del giudizio
La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT,
e la fotografia di reportage, quella che cerca nel mondo le ragioni del presente, quella che parte e ritorna, quella che scava e recupera per schiudere, ancora una volta, lo sguardo di chi non si arrende alla banalità.
In questo viaggio per immagini, Ivo SAGLIETTI – fotografo globetrotter e narratore sensibile – prova a svelare la poesia di un sogno: il dialogo possibile e necessario tra le religioni – e, con esse, tra gli uomini – che passa attraverso l’esperienza comunitaria e sociale presso un antico monastero cristiano, nel deserto siriaco, recuperato a nuova vita grazie all’opera di un gesuita italiano, Padre Paolo DALL’OGLIO.
Il deserto, in questa parte del mondo, al di là delle avversità legate alle contingenze climatiche e ambientali ha rappresentato negli ultimi millenni la culla ideale per alcune delle più profonde esperienze mistiche e religiose che l’umanità abbia mai conosciuto: dall’Ebraismo all’Islam passando per la rivoluzionaria vita di Gesù, le grandi domande dell’uomo hanno attraversato sabbie e luce, vento e solitudine quasi a decantare le angosce interiori con la profondità del pensiero che si fa spirito nella solitudine della meditazione.
Luoghi dell’anima e anima dei luoghi che pulsa tra le antiche rovine di un monastero; anima che batte il tempo della piccola Storia che si fa grande quando il flusso incessante del presente – quello dei movimenti alimentati dal web che stanno ridisegnando le mappe dal nord Africa al vicino Oriente – lambisce le sue mura tentando di zittire la voce dei protagonisti: se la Siria ufficiale, quella del governo e della burocrazia politico religiosa scossa da aneliti di libertà e rinascita, cerca di spegnere la fiammella ecumenica che sprigiona la sua luce da Deir Mar Musa el- HaBasci, un fremito di verità ridà vigore ai testimoni di questa esperienza, alla vita, alla predicazione e alla preghiera nella comunità di Padre DALL’OGLIO.
Anche le foto di SAGLIETTI, e il libro che poeticamente le raccoglie, partecipano di questo desiderio di verità che alimenta e taglia trasversalmente la Storia umana e religiosa dei popoli, tutti i popoli: in queste immagini silenti come il pulviscolo trafitto dal raggio di sole, il registro dei bianchi e neri si carica del tempo della preghiera, della leggerezza della meditazione e della forza dell’amicizia: Jak di Aleppo, Jens, di Zurigo, Butros, di Hasaché, Ramona e Huda di Damasco, Dima di Homs, Jihad il maronita e Frederic il savoiardo, come antichi stiliti sull’orlo di un precipizio, declinano la pace possibile mentre l’obiettivo discreto e amico di SAGLIETTI ne decanta la luce, consegnando a chi sa vedere, una mappa dello spirito.
Immagini di un tempo che è, di una Storia che si fa, di una fotografia che ci nutre l’anima.
Grazie Ivo.
Sebastiano FAVITTA e Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Caltagirone, dicembre 2011
Jahveh e Allah sotto la tenda di Abramo:
la Nuova Alleanza di Ivo SAGLIETTI
Pieni gli Alberghi a Tunisi / per le vacanze estive / a volte un temporale / non ci faceva uscire /
un uomo di una certa età, / mi offriva spesso sigarette turche, ma / spero che ritorni presto / l'Era del Cinghiale Bianco /
Profumi indescrivibili / nell'aria della sera / studenti di Damasco / vestiti tutti uguali / l'ombra della mia identità /
mentre sedevo al cinema oppure in un bar / Ma spero che ritorni presto / l'Era del Cinghiale Bianco
Franco BATTIATO, L’era del cinghiale bianco, 1979
Sono trascorsi molti anni da quando Franco BATTIATO scrisse la sua Era del cinghiale bianco, eppure le note del cantautore siciliano mi accompagnano in questa lettura delle immagini di Ivo SAGLIETTI, in mostra alla Galleria GHIRRI con il titolo Sotto la tenda di Abramo.
Esiste infatti un’affinità concettuale fra queste due opere: attraverso la musica Franco BATTIATO esortava a superare le tediose, problematiche contingenze del reale per elevarsi ad una spiritualità capace di far luce dentro la propria interiorità. Mèntore dell’artista fu il pensatore francese René GUÉNON, che nelle sue analisi identificava la nostra era con la Shwêta-varâha-Kalpa ovvero era (o ciclo cosmico) del cinghiale bianco, un'età mitologica e magica, durante la quale ogni uomo raggiunge la conoscenza assoluta in senso spirituale.
Il percorso per immagini compiuto da Ivo SAGLIETTI nel monastero di Deir Mar Musa El – Habashi sulle montagne della Siria, nei pressi di Damasco, testimonia la vicenda umana e spirituale di Padre Paolo DALL’OGLIO e di altri monaci che, insieme a lui – fondatore di questa comunità religiosa – sviluppano un’idea di pace nel lacerato mondo mediorientale: la possibile convivenza di cristiani e musulmani, in una mutua fraternità di comprensione e collaborazione, nel pieno rispetto dell’Altro.
Fa meditare la riflessione di Paolo DALL’OGLIO sul concetto di amicizia che ti cambia dentro, amicizia che
“… ti rimpasta nella relazione sociale, culturale e spirituale. Si tratta, per dirla con MASSIGNON,
d’inserirsi nella linea di destino dell’amico.”
Sotto la tenda di Abramo. Deir Mar Musa el-Habasci, 2004
Louis MASSIGNON, orientalista e teologo francese, cattolico musulmano come fu definito, dedicò parte della sua esistenza all’approfondimento dei miti legati alla figura del patriarca Abramo; questi rappresenta la sefirah chessed, ossia, fra le modalità con cui Dio si manifesta, quella che si esprime attraverso l’amore, la generosità, la benevolenza verso gli altri, senza limiti.
Secondo la Cabala ebraica, la sefirah chessed è una delle entità dell’albero della vita, e i simboli ad essa correlati sono riconducibili alla mano e al braccio destro, al colore bianco.
E’ un infinito gioco di rimandi quello che si specchia e si dipana attraverso le inquadrature di Ivo SAGLIETTI: l’insistenza sul lavoro delle mani, la cifra stilistica del bianco e nero, il cammino personale che lo ha portato a risalire la montagna verso il monastero di Deir Mar Musa El – Habashi per darci una testimonianza visiva dell’amore verso il prossimo praticato dai monaci che là vivono.
Perciocché io ho detto: la tua benignità sarà stabile in eterno; / tu hai fermata la tua verità nei cieli.
Salmi, 89, 3
Ivo SAGLIETTI testimonia la vita di una comunità, il cui etimo stesso, “cum-munus”, rimanda al senso di un dono da dare. I monaci fotografati, ripresi nella gestualità minima del quotidiano, dimostrano che Dio è uno e si può vivere armonicamente nella sua fede, indipendentemente dalla matrice originaria.
Tutto ciò che è, sotto qualsiasi modalità si trovi, avendo il suo principio nell'Intelletto divino, traduce o rappresenta questo principio secondo la sua maniera e secondo il suo ordine d'esistenza; e, così, da un ordine all'altro, tutte le cose si concatenano e si corrispondono per concorrere all'armonia universale e totale,
che è come un riflesso dell'Unità divina stessa.
René GUÉNON, Il verbo e il Simbolo, 1926
La lezione che passa attraverso queste immagini ha un senso universale, capace di trascendere l’oggettiva maestria del fotografo che le ha scattate. Nel contrasto in bianco e nero si confrontano cristianesimo e islam, Oriente e Occidente, luci e ombre di mondi in perenne conflitto ideologico, che nell’enclave di Deir Mar Musa El – Habashi si fondono in un dialogo di costruttivo confronto, per trarre vicendevole linfa di crescita.
Un pensiero di ADONIS, poeta siriano–libanese, sensibile interprete in bilico fra la cultura araba e quella occidentale, esprime il senso di tutto ciò che si cela nei chiaro-scuri di queste fotografie di Ivo SAGLIETTI
Nulla mi rischiara come questa oscurità. / O forse era: nulla mi oscura come questa chiarezza.
ADONIS, Saggi sulla cultura araba, 1993
E’ lo stesso autore a delineare il doloroso legame che lacera i suoi due mondi, in una intensa lirica tratta dalla raccolta Memoria del vento:
Una cosa si era distesa nel cunicolo della storia / una cosa adorna, esplosiva /
che trasporta il proprio figlio di nafta avvelenato / al quale il mercante avvelenato intona una canzone /
esisteva un Oriente simile a un bambino che implora, / chiede aiuto / e l’Occidente era il suo infallibile signore. /
Questa mappa è mutata / l’universo è un fuoco / l’Oriente e l’Occidente sono una tomba / Sola /
raccolta dalle sue ceneri.
ADONIS, Oriente e Occidente, 1997
Ivo SAGLIETTI ha voluto raccontarci che Sotto la tenda di Abramo si può invece trovare un punto di pacifico contatto: questo dono è concesso a coloro che credono alla forza dell’amore e alle infinite possibilità che l’uomo ha davanti, quando sa percorrerle.
Ora invece la terra / si fa sempre più orrenda:
il tempo è malato / i fanciulli non giocano più / le ragazze non / hanno / più occhi / che splendono a sera.
E anche gli amori / non si cantano più, / le speranze non hanno più / voce, /
i morti doppiamente morti / al freddo di queste liturgie: /
ognuno torna alla sua casa / sempre più solo. /
Tempo è di tornare poveri / per ritrovare il sapore del pane, / per reggere alla luce del sole /
per varcare sereni la notte / e cantare la sete della cerva. / E la gente, l'umile gente /
abbia ancora chi l'ascolta, / e trovino udienza le preghiere. /
E non chiedere nulla.
David Maria TUROLDO, E non chiedere nulla, 1988
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Savona, dicembre 2011
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