Saddam: perché quel giorno?

 

Quest’anno il Natale si è festeggiato in concomitanza con il pellegrinaggio musulmano alla Mecca. In un’intervista alla radio ho detto che, nella mia meditazione, vedo Gesù bambino che offre al mondo, dunque anche ai musulmani, un messaggio sul valore della piccolezza: ciò a cui non si dà valore da piccolo, crescendo non ne acquisterà. Abbiamo tutti bisogno di imparare il valore delle piccole cose, dei gesti quotidiani, delle scelte a livello di comunità locale. La festa musulmana dell’Adha, che ricorda Abramo che sacrifica il figlio, offre un grande messaggio che si sintonizza con quello del Natale. Basta chiudere gli occhi e vedere questa grande assemblea di uomini e donne, vestiti di un lenzuolo, come pronti per la sepoltura, o appena risorti, d’ogni colore, razza, popolo e tribù, nel mese sacro nel quale è vietato versare sangue, pellegrini a imitazione di Abramo. Questa specie di prova generale del giudizio finale dovrebbe consigliare di vivere ogni giorno nella prospettiva di quello. 
All’alba del 30 dicembre, giorno dell’Adha, ho acceso la radio. Mi aspettavo il solito notiziario centrato sugli auguri e invece lo choc: hanno impiccato Saddam Hussein! Ma come è possibile che statunitensi e governo iracheno abbiano voluto bestemmiare in questo modo? Sapevo che l’esecuzione era prossima, ma credevo impossibile che decidessero per l’alba della festa: un insulto inaudito. In comunità, avevamo pregato per Saddam, chiedendo che la vicinanza della morte potesse sciogliere il suo atteggiamento di sfida e potesse affidarsi, musulmano, alla clemenza divina. Abbiamo pregato perché, presso il Misericordioso, le lacrime delle sue tante vittime fossero lavacro dell’anima. A casa di amici musulmani ho visto quel video terribile. Ho visto Saddam calmo, in preghiera fino all’ultimo istante. Ma l’atto blasfemo e provocatore è lì. I miei amici erano afflitti per le grida di vendetta, tipicamente sciite, dei testimoni dell’esecuzione. Ci spiace per l’islam sciita e sunnita. 
Tutto ciò significa che c’è un disegno per fomentare la guerra civile e provocare l’indebolimento dei Paesi musulmani del Medio Oriente. Atroce il dubbio, quasi una convinzione, che i servizi segreti americani, non da soli purtroppo, vogliano per noi l’inferno: dal Libano all’Afghanistan. Certo, è stato il governo iracheno a rinunciare all’unità nazionale e a orientarsi all’egemonia di una parte. Ma stupisce l’atroce stupidità del disegno. 
A tavola, al monastero, c’erano quel giorno due gruppi: uno di italiani, veterani di tante battaglie per creare solidarietà di pace tra Europa e Medio Oriente; il secondo era un collettivo di donne irachene venute a sognare insieme, a ricucire insieme la riconciliazione. Anche in giorni tragici come questi, resto convinto che dobbiamo saper vedere il valore delle mense fraterne, dei sorrisi di tenerezza, degli abbracci d’amore, dei gesti di solidarietà. Il valore di quest’umanità è definitivo. Esso pronuncia una condanna senza appello sui terribili inferni in corso (a cominciare dalla Terra Santa), quasi fosse questo il giorno della fine. Il fiume delle lacrime è in piena. Maranatha! 

Questo Articolo era pubblicato nel febbraio 2007 nella revista popoli

Italian