Un Natale di amicizia

Quest'anno l'Adha, la festa del Sacrificio alla fine del pellegrinaggio abramitico alla Mecca, cade pochi giorni prima di Natale. Da secoli i vicini di casa cristiani e musulmani si rendono vicendevole visita per le feste cogliendo l'occasione per riconciliarsi quando necessario. Perché non farlo anche in Italia? Magari con una telefonata prima: «Pronto? Parlo con il signor Mohammad? Volevo augurarle buona festa. Ha parenti al pellegrinaggio? Dio glieli riporti tutti a casa in buona salute. Vorrei venirla a trovare con mia moglie per farvi tanti auguri di persona». È probabile che i vostri vicini vengano poi a trovarvi a Natale. Ci vorrà pazienza e aiuto dello Spirito Santo per fondare amicizie durature, armonizzare le mentalità, abituarsi alle diverse sensibilità.


A Natale penseremo soprattutto ai nostri amici iracheni. In settembre ho dato gli Esercizi spirituali a una trentina di sacerdoti, tra cui due vescovi, delle diocesi siro-cattolica e caldea di Mossul, l'antica Ninive. Ora quel povero Paese mi sta ancora più a cuore. Un anno fa il vescovo era stato rapito per alcuni giorni, ora è toccato a due suoi preti. Uno, padre Pios Affas, è un nostro vecchio amico, un intellettuale raffinato e un giornalista coraggioso. Con l'aiuto di Dio le cose si sono felicemente risolte in una settimana. Il capitale di buon vicinato, di collaborazione culturale, di solidarietà umana ha avuto ragione (per questa volta) della barbarie. Però è difficile immaginare un motivo ragionevole per rimanere a Mossul. La miscela esplosiva e velenosa tra l'occupazione militare statunitense, caratterizzata da una miopia non scusabile e certamente interessata, e l'anarchia nella zona araba sunnita, creano lo spazio per le bande armate. La gran parte dei cristiani sono fuggiti in Siria sperando di raggiungere l'Occidente. Altri si sono rifugiati nella zona sotto controllo curdo e ora soffrono anche della tensione con la Turchia. Il futuro resta incerto ma i cristiani iracheni sono coraggiosi; hanno restaurato i loro monasteri e costruiscono nuove chiese. Senza preghiera il mondo va alla rovina; preghiamo per loro davanti al presepe.

Nel frattempo, a Deir Mar Musa, abbiamo inaugurato la biblioteca del dialogo. Il Mufti della nostra regione mi ha telefonato per farci gli auguri dicendo: «Il Libro è la base di tutto, è l'origine. La biblioteca è un luogo sacro dov'è trascritto il Libro della vita!». Qui il concetto coranico di libro è vicino a quello del Verbo, del Logos. Si tratta della saggezza divina che dà forma e regola il mondo e che si rivela attraverso la profezia. Nonostante l'immensa venerazione musulmana per il Libro sacro - il Corano certo, ma anche la Torà, il Vangelo e i Salmi -, esso è lo stesso e assieme altro dalle pagine scritte. Non lo si può separare dal momento, tutto orale, della rivelazione profetica. Nella Notte del Destino, nell'ultima settimana del Ramadan, si contempla la discesa della Rivelazione, del Libro. In questo senso anche la definizione musulmana dei cristiani e degli ebrei come «Gente del Libro» è da apprezzare.

Nella Sura di Maria, quand'ella, nuova Agar, si ritira nel deserto per partorire sotto una palma, il bimbo appena nato la consola proponendole acqua miracolosa e datteri e lui stesso parlerà dalla culla in difesa della Vergine Madre. Subito dopo è definito Parola di Verità, benché se ne rifiuti la figliolanza divina perché sentita come blasfema. Nelle vie abitate dai cristiani, anche i musulmani vanno volentieri ad ammirare le decorazioni natalizie e l'immagine del presepe è cara a tutti. Gesù bambino, dalla culla, ci parli allora di pace.


© FCSF - Popoli


Questo Articolo era pubblicato nella edizione di dicembre 2007 della revista popoli

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