Il gusto ecumenico del Ramadan

Padre Paolo Dall'Oglio

Il Ramadan è iniziato il 13 settembre, dieci giorni prima dell'anno scorso a causa della differenza dell'anno lunare dal solare. È sempre una grazia accompagnare la Comunità musulmana in questo "esercizio spirituale". Alcuni cristiani ci criticano trovando che lasciamo da parte la pratica dei digiuni tradizionali delle Chiese orientali. Questo ci consiglia una certa elasticità. Interrompiamo il digiuno la domenica e lo abbreviamo laddove possa urtare la sensibilità dei "nostri" o ferire la carità. 

 

Per noi discepoli di Gesù di Nazareth e alunni di Paolo di Tarso, è costituzionale dell'identità ecclesiale il volerci amorevolmente render prossimi, culturalmente, religiosamente e spiritualmente, di coloro verso cui lo Spirito ci sospinge. Non si tratta di sottomettersi alle leggi delle religioni dopo essere stati liberati dal giogo di Mosè. Si tratta di obbedire alla "legge" del Messia che ci chiede di considerare impuro solo ciò che d’immondo esce dal cuore e puro ciò che entra nella bocca per essere digerito nel ventre. L'ambito del digiuno è adatto all'inculturazione del nostro essere Chiesa in contesto musulmano. Non son rari i cristiani che, quasi d'istinto, per solidarietà con i vicini di casa o i compagni di lavoro, hanno scelto di fare il Ramadan, senza togliere nulla alla Quaresima. La vita culturale è tesa tra ciò che costituisce il corpo della pratica cristiana uniforme (per esempio l'anno liturgico, ma anche l'acqua del battesimo, ecc.) e ciò che, nella particolarità delle inculturazioni, riattualizza il mistero dell'universale evangelico.
Il Gesù dei Vangeli ha digiunato, poi è stato accusato d’essere un mangione perché privilegiava la commensalità, specie con peccatori e pubblicani, criticando il legalismo farisaico... I discepoli digiuneranno quando sarà levato loro lo sposo.
Il tempo presente si svolge tra assenza e presenza, digiuno e commensalità. È dunque propriamente costituzionale per la Chiesa di Gesù (è sunna, imitazione-tradizione) accompagnare gli uomini nei loro digiuni e mettersi con loro a tavola come fece il Figlio dell’Uomo. Ad Antiochia, Paolo richiamerà Pietro al dovere cristiano della commensalità con i Gentili. 
Il Ramadan, alternando digiuno diurno e mensa festiva serale, propone una visione nella quale si armonizzano la scuola dell’ascesi, necessaria all’umanizzazione, oltre l’istinto e il bisogno assolutizzato, con la festa "eucaristica", capace di solidarietà e di giustizia verso gli affamati e grata a Dio per i doni del creato. 
Trovo che il Ramadan abbia un gusto eucaristico. Gesù, innestando il dono del Corpo e del Sangue sulle due celebrazioni ebraiche fondamentali, quella del sabato (il pane e il vino) e quella pasquale (l'agnello), ha avvalorato la dimensione messianica delle offerte della liturgia ebraica. I suoi discepoli possono riconoscere il sapore eucaristico, la profezia di commensalità, della cena musulmana, aperta agli ospiti e solidale dei poveri. La famiglia riunita è simbolo dell'universalità dell’Islam, profezia d’unità nell'adorazione dell’unico Dio, nella giustizia: se il tuo vicino soffre la fame la tua cena è blasfema



Questo Articolo era pubblicato in ottobre 2007 nella revista popoli

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