LETTERA AGLI AMICI, PER NATALE 1995

"Ed ecco, un angelo apparve loro." (Mc 2, 9)
LETTERA AGLI AMICI, PER NATALE
DMM Angel

Ti ho stretto a me e ti sei fatto un pianto, hai colorato il mio abito del colore del tuo lavoro. Ti senti schiacciato da una precarietà sempre incombente. Tanti sforzi, tanta fatica ma il Mercato che promette ricca sicurezza a tutti fa grazia solo a qualcuno come la lotteria.

Mi è tornato in mente Bachir, che è stato con noi un anno ed ora è di nuovo barbone nelle strade di Damasco con gli angeli che gli parlano in quattro lingue, i sacchi di plastica e le conversazioni dotte e demenziali con quel santo di Padre Bitar. Duccio ha dipinto Bachir nella Grotta, bianco e solenne come un pellegrino alla Mecca, ti guarda e ti interroga: "Che ne pensi? Vale la pena? Ti prego, niente dogmi e luoghi comuni. Dimmi la tua esperienza, tu lo vedi il senso?" E stavolta, guardandolo che ti guarda, ti sembra anche di vederlo: senso come trasparenza!
C'è poi la prospettiva, mi piaceva già a scuola, è sorella della trasparenza, serve a vedere lungo senza spiaccicare tutto sul piano del naso. Quando vedi lungo e trasparente il cuore smette di agitarsi e si riempie di tenerezza. Il meccanismo non è ancora chiaro agli studiosi. Ma se vedessero il wadi di Mar Musa in questo istante col cielo terso pennellato di bianchi, le balze in cascata, il rombo del silenzio...
Bachir è il nostro maestro in fatto di precarietà. Quando non se ne può più, sconfitti, lui ci ospita in mezzo ai cartoni e ci insegna a guardare coi suoi occhi.
Provare per credere; va bene anche la disperata di colore, il lavavetri, la nomade: chiedetegli di ospitarvi lassù, dal loro punto di osservazione: nei loro occhi le questioni si modificano radicalmente. E il Signore Gesù sembra meno "fesso". 
C'è un merlo che continua a girare qui intorno fischiando e insistendo che si scriva anche di lui. Lo faccio: "D'inverno i merli si fanno di nuovo vedere a Mar Musa e fa piacere".
Ieri sera durante il silenzio in chiesa ho deciso di dire qualcosa anche della fedeltà. Innanzi tutto sono sempre più strabiliato ammirando le mille vie della fedeltà di Dio, i mille fili e gli innumerevoli nodi della sua rete. L'Islam ne fa l'esperienza e conosce Dio come "al-Mu'min" (la stessa radice dell'Amen), il Fedele, ma anche il Credente.
La fedeltà, le innumerevoli fedeltà di Dio non appaiono a prima vista; e non basta neanche guardare bene: si vede solo il capo di un filo, il tuo. Allora puoi provare a tirare e lasciarti attirare, e seguire e lasciarti condurre. I fili della fedeltà naturalmente sono tutti relazionali. Piano piano imparerai a cogliere qualcosa della fedeltà di Dio in coloro con cui vivi e nella Bibbia, nei libri, nella Chiesa, nelle Tradizioni. Noi, discepoli di Gesù, sperimentiamo, nella precarietà della fondazione di un monastero con tante difficoltà, che c'è un filo, uno forte, annodato qui: è lui stesso che ci attira.
L'amore fedele è più forte della morte. La fedeltà ha un'essenza istantanea, eterna, prescinde dal successo, ma ama distendersi nei giorni, esprimersi nella storia; per questo le piace fare progetti, da perseguire con caparbietà, con destrezza e lungimiranza, correndo rischi, aspettando occasioni; anche nel più crocifiggente fallimento nulla andrà perso! Questo lo posso dire perchè quando dovetti, quattro anni fa, rinunciare ad essere gesuita, mi parve un fallimento totale; ma il filo rosso della fedeltà del Signore non si ruppe ed ora, nella profonda amicizia e solidarietà con la Compagnia, anche apostolicamente, sperimento l'efficacia di quella fedeltà.
Quattro anni fa l'Albania usciva dall'incubo. Io vivevo nella preghiera quassù la solidarietà coi gesuiti italiani che tornavano in quel paese di martiri: cattolici, ortodossi e musulmani. Dieci giorni fa, con Gianni, siamo andati in Albania invitati a dare una mano. Ci è parso logico, nella logica della fedeltà.
Il nostro nuovo Vescovo sta facendo di tutto per riportare la pace tra la comunità di Mar Musa ed una parte della comunità parrocchiale. Il parroco è stato chiamato ad un compito più importante. C'è un'erta china di annose incomprensioni, diciamo così, da risalire; l'obbedienza costa e il discernimento é difficile. Intanto padre Jak dice Messa la domenica pomeriggio ai bambini dopo la scuola e proseguiamo il dialogo sperando di capire e farci capire.
Ma saremo fedeli, "insciallà", ai doni che abbiamo ricevuto: essere una comunità ecumenica di monaci e monache, centrati nella vita di preghiera, nell'ospitalità, il lavoro manuale, l'intelligenza e la devozione all'amore di Dio per l'Islam e i musulmani. Non c'è ragione di preoccuparsi troppo.
Disponibili davvero ad andare altrove pensiamo senza pretenderlo che il Signore ci terrà qui con la benedizione della Chiesa.
Un uccellino nero con una lunga coda arancione sta facendo una danza tutta per me. Parliamo di amicizia.
In ottobre, dovendo venire in Italia mi sono portato dietro Amin, il "fattore" del monastero, quello coi baffoni rossi, con Rula e la pupa. Così ho avuto un po' di vacanza ed insieme abbiamo fatto un viaggio di formazione, di apertura di orizzonti, di bellezza (il tempo era stupendo) e di amicizia.
Quanta calda amicizia, quanta gratuità intorno a Deir Mar Musa!
A Bose ci siamo rivisti con gli "Amici del Monastero"; Andrea Toffanelli, ringraziatissimo, ha passato il testimone del coordinamento a Stefano Bigi al quale facciamo, grati, i migliori auguri.
E' certo una grande consolazione sentire l'appoggio degli amici in Italia e fuori; è anche una grande responsabilità perché vuol dire che ciò che cerchiamo di vivere qui a Deir Mar Musa è significativo per molti.
Nell'amicizia siamo sacramento gli uni per gli altri dell'amore di Dio. E' una bella responsabilità!
Nel monastero amicizia è anche ascesi dell'affettività (anche qui è questione di prospettiva), valorizzazione e superamento dei sentimenti, nel rendere concreti i sentimenti dello Spirito in noi.
Le profonde diversità tra noi, le nostre ferite, fanno sì che la comunità sia continuamente, caparbiamente, luogo di dialogo e di riconciliazione. In questo la preghiera, il prendere distanza, il silenzio, hanno un'efficacia straordinaria.
Poi per noi amicizia è ospitalità anche quando bisogna organizzarsi perché spesso, grazie a Dio, c'è troppa gente. Si tratta di imparare a spendersi senza sprecarsi, fare senza strafare...ma non chiuderemo la porta, neanche ai turisti. Moduleremo l'accoglienza secondo le esigenze ma con lo stesso desiderio di ricevere in ciascuno la visita del Signore.
Abbiamo già realizzato delle abitazioni per i monaci nelle grotte vicino al monastero, e più in là speriamo di mettere mano alla costruzione dell'ala femminile.
Sotto il titolo dell'amicizia, e della vita comune, si può mettere anche lo sforzo del monastero di creare un'azienda agricola che ci dia da mangiare e ci permetta di parteciparne ai poveri. C'è ancora molto da fare a cominciare dal pozzo (dobbiamo scendere a 500 metri a partire dai 250 già scavati in passato) e dalla razionalizzazione dell'allevamento caprino e della produzione casearia; con l'acqua si spera di rendere economicamente significativo il frutteto (magari accrescendolo), di provvedere ai foraggi, di creare l'orto e la vigna...
Vorremmo costituire una sorta di cooperativa di lavoro creando delle occasioni di reddito per alcuni giovani di Nebek.
Accenno solo al fatto che stiamo cercando degli sponsors che ci permettano di terminare il restauro degli affreschi sempre col sistema del cantiere scuola.
Ci sono poi la biblioteca, gli studi, i corsi di formazione al dialogo con l'Islam...
Perciò mi rivolgo a voi in nome dell'amicizia significativa  che ci lega. Nella misura che vi sembra giusto nel Signore, dateci ancora una mano.
Noi siamo felici di rifondare il monastero proprio con voi.
Realisticamente saremo costretti a vivere di elemosine per diversi anni e ritengo più significativo che pensino a noi i nostri amici, coloro che ci conoscono, piuttosto che delle istituzioni più o meno grandi che sarebbe meglio provvedessero ai quei bisognosi che non hanno neanche la forza di chiedere.
Di fatto però, fino ad ora, non è stato così.
Non resta che farci gli auguri di Natale: speriamo di vedere la stella per orientarci. Speriamo di fare sogni come Giuseppe, per fare le scelte giuste. Speriamo, di notte, coi pastori, di trovare la madre e il bambino.
E' tutta la comunità che di cuore vi saluta.
p. Paolo
Deir Mar Musa, novembre 1995
 
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